I. Sciapiconi, “40 cappotti e un bottone”, Piemme 2022
UNA STORIA DI SPERANZA
di Marco Ghergo (Gennaio 2022)
“40 cappotti e un bottone” è un romanzo che va inquadrato in maniera corretta: sarebbe riduttivo definirlo come “soltanto” una storia sulla Shoah. Preferisco piuttosto identificarlo come una storia di speranza.
La vicenda dei quaranta ragazzi ebrei messi in salvo grazie alla solidarietà della cittadinanza di Nonatola, nel modenese. Il rischio che si corre narrando di vicende simili è, infatti, quello di scadere nel retorica di maniera e nelle lacrime di facile fruizione. I brividi che emergono da queste pagine, invece, sono il frutto di un lavoro misurato e metodico sul piano narrativo. La costruzione di periodi e dialoghi hanno qui il pregio di essere sempre evocativi e allusivi, senza mai trascinare il lettore di fronte a una pura ostentazione del dolore. Si comprende allora la dimensione più umana del dramma, quindi più vera, ben lontana dal sensazionalismo cronachistico.
In questa dimensione intima e più autentica si percepisce come il bene possa sbocciare in silenzio nel cuore delle persone. Perché quel bene esiste e si può anche sentire, se qualcuno è in grado di raccontarlo.
Ed è allora che non esistono più scuse ed entra in gioco il nostro senso di responsabilità: guarderemo per forza con occhio nuovo, sia di chi era in fuga ieri, sia chi è in fuga ancora oggi.
Arrigo Bettari, il prete dichiarato Giusto tra le Nazioni, personaggio che nel romanzo come nella realtà dei fatti storici ha svolto un ruolo chiave nella vicenda narrata, lo spiega in maniera magistrale:
«Un uomo bussa alla porta, fuori piove. Non ha altro riparo. Ti spiega quello che gli è successo. Una cosa seria. Adesso è lì, davanti a te, ora conosci la sua storia. E’ ancora uno sconosciuto? […]E poi, se non ti avesse raccontato la sua storia, chissà, forse sarebbe stato più facile. Ma ora non è più così. Ora lo sai com’è andata. E devi decidere.»