Nella lingua giapponese Yasumu significa «assentarsi», non recarsi sul posto di lavoro oppure a una lezione. L’impegno abituale cancellato, l’assenza, li si fa linguisticamente corrispondere al riposo.
«Ci si vergogna ormai del riposo, il riflettere a lungo su qualcosa suscita quasi dei rimorsi di coscienza. Si pensa con l’orologio alla mano, […] si vive come temendo continuamente di poter tralasciare qualcosa. Meglio fare qualsiasi cosa che nulla: questo principio è adattissimo a dare il colpo di grazia a ogni cultura». (Nietzsche, La Gaia Scienza)
C’è un rosario di parole che non vediamo l’ora di prendere in mano tra luglio e agosto: vacanza, ferie, ozio, riposo, quiete, lentezza, e l’elenco potrebbe continuare oltre. Tutte sacrosante se non le riduciamo soltamente ad una pausa per ricaricare le energie spese nella fatica del lavoro, pausa già inficiata da una stanchezza anticipata in previsione del rientro alla routine lavorativa. Allora la vacanza (dal latino: vacantia neutro plurale sostantivato di vacans, participio presente di vacare essere vuoto, libero), le ferie, il riposo, potrebbero rivelarsi periodi davvero fecondi per il corpo e per lo spirito. Soprattutto l’ozio, così denigrato come padre di tutti i vizi.
L’accezione odierna è decisamente negativa – e non a torto. Infatti l’ozio come spazio di pigrizia immobile è un mostro generato dalla nostra vita di occidentali, in cui anno per anno si alternano vincolatamente (e leopardianamente) momenti di doloroso lavoro o studio e momenti di accidia totale e noiosa – con qualche sprazzo fugace di divertimento evasivo. Ma a Roma l’ozio era qualcosa di diverso dallo stare a cuocere su un lettino in una spiaggia affollata e rovente compilando indolenti cruciverba. L’[otium], contrapposto al [negotium], era il tempo che il signore dedicava in campagna ai propri studi, composizioni e speculazioni intellettuali, contrapposto al tempo in cui era necessario che gestisse in città i propri affari ed esercitasse la propria professione. Dopotutto per ricaricare una batteria che naturalmente si esaurisce non la si lascia a riposo inerte: si attacca ad una presa di corrente. Così anche l’ozio, quotidiano o stagionale che sia, è coltivazione, attività – o almeno dovrebbe esserlo. E la radice, seppur forse erronea, ci suggerisce un taglio di connotato splendido: l’ozio è quello che ci permette di stare bene.
Testo originale pubblicato su: https://unaparolaalgiorno.it/significato/ozio
Anche Ànemos è nell’imminenza della vacanza, si concede un periodo di riposo e soprattutto la coltivazione dell’ozio. Nella batteria rigenerativa alcuni suggerimenti da vedere, da leggere, da ascoltare
WA. La via giapponese all’armonia, Laura Imai Messina
Il rumore di una chiocciola che mangia – Elisabeth Tova Bailey
La società della performance, Maura Gancitano, Andrea Colamedici
Le magnifiche, Daniela Musini
L’estate che resta, Giulia Baldelli
Creature luminose, Shelby Van Pelt
Bridgerton
Corro da te
Enola Holmes
Notte stellata
Inventing Anna
Michele Gazich
Giovanni Caccamo Juri Camisasca Murubutu
e magari da approfondire al rientro….