«Non è “una santa”. È solo Bernadette…» (R. Laurentin, B. Billet, P. Galland, Lourdes. Dossier des documents authentiques, Procès de Lourdes. 2. Le jugement episcopal. Histoire de Lourdes et vie de Bernadette d’avril 1860 à août 1862, tome VI, Lethielleux, Paris 1957, p. 85).
I testi più importanti che trattano la storia di Bernadette Soubiroux, ai quali è imprescindibile fare riferimento, quali fonti documentarie primarie, sono stati scritti o coordinati da René Laurentin :
– Lourdes : documents authentiques, 7 volumi – Éditions Lethielleux (1957-1966) (in collaborazione con B. Billet à partire dal secondo volume)
– Lourdes, histoire authentique des apparitions, 6 volumi Éditions Lethielleux (1961-1964)
Su Lourdes Laurentin ha pubblicato molti altri volumi, nei quali egli riduce all’essenziale quanto più ampiamente esposto nelle due opere fondamentali appena citate.
– Lourdes. Cronaca di un mistero, Milano, Mondadori, 1998
– Bernardetta vi parla. La vita dalle sue parole. San Paolo, 2010.
– Bernadette di Lourdes ci parla ancora. San Paolo, 2018.
Scrive ancora Laurentin: «Non i miracoli di Lourdes, ma il fatto di Lourdes, cosa accadde lì tra l’11 febbraio e il 16 luglio 1858. Il miracolo di Lourdes che contiene tutti gli altri, questa è la storia di Bernadette» (R. Laurentin, Lourdes. Histoire authentiques, Lethielleux, Paris 1964, vol. 6, p. 256).
Padre Alberto Maggi, dell’Ordine dei Servi di Maria, teologo ed esegeta ha intrapreso nel suo ultimo lavoro ” Bernadette. La vera storia di una santa imperfetta”, un “pellegrinaggio” scrupoloso e minuzioso, ma allo stesso tempo affascinante ed emozionante, non verso Lourdes, alla ricerca dello straordinario e del miracoloso, ma verso Bernadette. Non solo meta dello studio approfondito delle fonti, Bernadette si è rivelata compagna di viaggio tanto che l’afflato empatico di padre Alberto nel ricostruire nel dettaglio la vera storia e la vera figura di questa ‘santa imperfetta’, lo ha più volte portato, nel suo dialogo interiore, soprattutto durante il periodo di angherie subite da Bernadette in convento, a chiamarla paternamente “cocca mia“, nel suo anconetano familiare.
Ciò che ci restituisce padre Alberto della storia e della personalità di Bernadette non ha niente a che fare con le immagini iconografiche religiose che hanno circolato e circolano tutt’ora. Solo per un assaggio, (perché il libro va davvero letto ed è difficile staccarsene dalla lettura), la “pastorella di Lourdes” così come viene tramandata dalla tradizione e come il nostro immaginario l’ha sempre falsamente rappresentata, non coincide storicamente, per quanto riportano le fonti, a ciò che effettivamente Bernadette ha svolto come lavoro e fatica per buona parte della sua vita di ragazza. La sua famiglia, gravata già da una condizione economica disastrosa, non esita a lasciar andare Bernadette, appena dodicenne, con la zia materna così da avere una bocca in meno da sfamare. Bernadette “resterà a casa dalla madrina per quasi un anno occupandosi dei lavori domestici e dell’accudimento dei due bambini piccoli, Pierre e Jules, di tre e due anni. […] Presso la zia, Bernadette serve anche al bancone dell’osteria, ma la donna non è soddisfatta: la nipote versa il vino riempiendo il bicchiere senza controllare la misura, è troppo generosa… tale e quale a quegli sconsiderati dei suoi genitori. E non sa che alle sue amiche Bernadette offre gratis da bere”.
Personalità forte, carattere risoluto fino alla testardaggine, insofferente alle regole e alle rigidità, dedita anche ai ‘vizi’ di cui era impregnata l’aria della casa in cui viveva, il cachot, un’angusta gattabuia con muri anneriti dal fumo del camino, talmente umidi che nelle fessure crescono i funghi. “Nel cachot manca tutto. Quello che abbonda, oltre al solido amore di questa famiglia, sono i pidocchi e la fame, i cui morsi sono una tortura quotidiana e notturna. Al momento del pranzo, François, come capofamiglia, recita la benedizione sul pane. La benedizione c’è. Quel che manca è il pane. […] Se di giorno ci si può distrarre in qualche modo, la notte no, la notte è lunga e la fame sembra trasformarsi in un artiglio che fruga le viscere nella brama di trovare qualcosa. Gli spasimi per la scarsità di cibo sembrano far impazzire figli e genitori. Questi ultimi cercano un po’ di sollievo nel vino”.
“Santa imperfetta”. Padre Alberto conia per Bernadette uno splendido ossimoro: la santità, che significa l’essere separati dalla normalità quali modelli irraggiungibili, non può invece prescindere dall’imperfezione, dall’essere cioè in cammino verso il proprio compimento. Sono proprio i nostri limiti e le nostre fragilità che aprono la porta all’irruzione del divino che, penetrandoci, rende divino il nostro essere. Il ‘cuore puro’ di Bernadette, un cuore che non ha ceduto alle richieste e alle pretese degli altri, fondato sulla fede e sulla verità di se stessa, ha ‘visto Dio’, ha cioè, sperimentato la forza dell’Amore che ci sovrasta e ci compenetra.
Per non spoilerare troppo il libro, citeremo le parole di padre Alberto scritte nella prefazione:
“Con questo mio contributo intendo far risaltare quegli aspetti dell’umanità, del carattere, dei pregi, ma anche dei difetti di Bernadette che sono stati messi in disparte a mano a mano che cresceva e si diffondeva la sua fama. Per questo non tratterò solo dell’indiscussa santità di Bernadette, ma soprattutto della sua profonda umanità, perché più si è umani e più si manifesta il divino che è nell’intimo di ogni creatura. I difetti di Bernadette la rendono certamente una santa imperfetta, ma proprio per questo più vicina a ogni persona”.
Ed in calce all’articolo, l’intervista che ha donato alla nostra associazione